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L’introduzione dell’olivo nei Colli Euganei è avvenuta in tempi molto lontani; alcune fonti documentano la sua presenza addirittura al Pliocene, ma con maggiore probabilità l’olivo è risalito nella Pianura Padana in epoca pre-romana.
Alcuni autori romani, Polibio, Strabone, Plinio il Vecchio, Giovenale e Marziale, hanno descritto la fertilità dei luoghi e l’abbondanza delle vendemmie.
Nel IV sec. d.C. nell’opera “Historia Varia” di Claudio Eliano si può leggere che sui Colli Euganei venivano preparate delle focacce di farina condite con olio d’oliva e mele. In età tardo antica il degrado economico e politico provocò uno spopolamento e un deterioramento ambientale con conseguente abbandono dei campi coltivati e l’avanzamento dei boschi e delle paludi.
A partire dal 1400 con la dominazione veneziana l’olivo acquista una nuova importanza e anche dopo l’olivicoltura non viene più abbandonata come descrivono alcuni documenti della prima metà del 1700.
L’olivo ha un legame così stretto con il territorio euganeo che sopravvivono da secoli quattro coltivazioni autoctone: Rasara, Marzemina, Rondella e Matosso, ognuna delle quali produce olive e oli di differenti qualità. Altre varietà coltivate nel territorio euganeo sono il Leccino e il Frantoio.
L'olio dei Colli viene trasformato secondo una tradizione antica. Con l'istituzione del Parco sono stati incentivati l'ampliamento della coltura delle varietà locali di olivo e la produzione di qualità.